CONTRO L’OMOFOBIA E I PREGIUDIZI

[Foto di Alessandra Garau]

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[Prefazione di Anna Roberto]

A Я E scritto con la “R” a rovescio, perché è proprio dall’ “inviolabile tradizione” che Alessandra Garau prende spunto (dai suoi abiti, dalle calzature, dai gioielli) e anche perché aveva già messo in conto che “qualcosa sarebbe andato storto” ed infatti si è ritrovata al centro di pesanti insulti e minacce di morte da parte di pseudo cultori e “integralisti” della tradizione di questa isola che, per alcuni aspetti, non vuole aprirsi ad una comprensione sincera su quanto di reale esiste (ed è sempre esistito) ed è perfettamente umano che ci sia. L’arte può e deve essere strumento per sradicare, abbattere e poi dischiudere brecce, spazi nuovi di dialogo e territori di ribellione e libertà. L’arte “dà inizio” e le fotografie di A Я E, scattate da una donna libera come il vento della sua terra, hanno l’incedere forte di un inizio.

[Testo e fotografie di Alessandra Garau]

 [Foto di Alessandra Garau]

Tutte le cose più belle portano in sé un “are” come volare, amare, sognare e nella mia lingua sarda: basare, disizare, istimare (baciare, desiderare, stimare) etc.

AЯE è un progetto che nasce dalla voglia di evadere da regole non scritte, ma costantemente imposte, che un certo tipo di società riflette oggi anche sulle tradizioni.

Premettendo che il mondo del quale ho sempre fatto parte e continuerò a farne è quello folcloristico e per il quale, quindi, nutro un immenso rispetto e sensibilità, con questo progetto ho fatto un doveroso e difficilissimo lavoro per non cadere nelle ovvietà e soprattutto nella volgarità.

Ho fatto indossare ai miei modelli dei pezzi di abiti tradizionali in una insolita maniera.

Su un ragazzo una gonna antica come copricapo, un bustino di cento anni ad avvolgere un petto nudo maschile.

    [Foto di Alessandra Garau]

sulle donne le giacche in orbace, pantaloni di fustagno con tacchi a spillo, la “berrita” ovvero il copricapo esclusivamente maschile e tanti altri accessori, sempre riguardanti gli abiti tradizionali della mia terra.

    [Foto di Alessandra Garau]

I loro volti appaiono spesso neri, con riferimenti che riportano comunque ad un sentimento e all’isola, come una ginestra o un fazzoletto.

Con “A Я E” ho nel mio piccolo iniziato una rivoluzione, che non è quella di andar contro il luogo dove vivo, ma, anzi, .. render libero quell’aspetto di esso che, sotto il tanto decantato “orgoglio”, cela ancora catene e pregiudizi.

Sono nata a “pane e tradizione” e vivo in un’isola che di questa ne fa vanto in tutto il mondo.

Ho messo quindi dentro l’otturatore la passione per il luogo dove sono nata e vivo, dando tinte di “colore” insolite, ma andando consapevolmente contro la parte della medaglia scolorita e marcia di una parte della società odierna.

L’arte deve essere libera, deve evadere, non deve avere “padroni”, altrimenti, in quel caso, si parla di tutt’altro.

Io sono una donna libera e come me la mia fotografia.

Con questo mio progetto ho voluto scardinare la mentalità retrograda di questa terra e ho voluto dar voce alla libertà che ognuno deve di diritto avere nell’esprimersi, nell’amare e nel vivere senza che nessuno debba permettersi di puntare il dito.

Le mie foto hanno infranto e turbato, toccando i nervi scoperti del posto e di una parte della sua gente, ma ancora una volta sta vincendo chi arriva a capire ed è soprattutto a queste persone che io oggi son grata.

Un ringraziamento particolare lo devo ad Antonella Carta, proprietaria di tutti gli abiti tradizionali utilizzati per il progetto “AЯE” e curatrice della Mostra che si terrà a Sassari presso la Biblioteca Universitaria dal 17 al 24 giugno 2022.

    [Foto di Alessandra Garau]

    [Foto di Alessandra Garau]