SCATTI UMANI NELL’INFERNO DI GAZA

Foto di bambina di Mohammed Zaanoun

[Fotografia di Mohammed Zaanoun]

[di Anna Roberto] 

………Gaza è ricoperta da uno strato di polvere grigia. E’ il colore della guerra, della distruzione. Diventano grigi gli edifici, le strade, l’aria che si fatica a respirare. Sono grigi anche i bambini, le donne, gli uomini estratti a mani nude dalle macerie. Morti e vivi, in un coro di cemento sbriciolato misto a sangue, urla, disperazione.

Gaza è una voragine che sembra avere inghiottito l’umanità.

La notte è completamente buia, perché non c’è più corrente, nemmeno negli ospedali. Gli unici terrificanti bagliori sono quelli dei bombardamenti aerei israeliani che squarciano una terra e un cielo che vorrebbe avere solo stelle.

Cerco di contattare il fotoreporter Mohammed Zaanoun in una notte di bombardamenti feroci, le linee internet sono interrotte. Gli scrivo un messaggio chiedendogli un contatto, non ho molte speranze. Invece il mattino successivo, con emozione, trovo la sua risposta.

Mohammed Zaanoun ha 33 anni e vive a Gaza dove ha studiato alla Gaza University specializzandosi in Graphic Design. Riceve diversi premi locali e internazionali.

Nel 2006 durante l’invasione israeliana nel quartiere popolare di Al-Shujaiyya, ad est di Gaza City, viene gravemente ferito al volto e in diverse parti del corpo, ma con audacia torna al suo lavoro per l’urgenza di mostrare la realtà.

Nelle prime ore del 13 ottobre 2023, l’esercito israeliano ordina alla popolazione di Gaza di evacuare entro 24 ore la zona settentrionale, al di là del fiume Wadi e dirigersi verso sud per “motivi di sicurezza e protezione”. Un ordine impraticabile di sfollamento forzato per più di un milione di persone che semina panico e terrore. Una spaventosa marcia verso l’inferno.

Sotto il fuoco dell’artiglieria pesante israeliana, migliaia di persone senza alcuna certezza né di rifugio né di protezione, riparano negli ospedali, nelle scuole, nelle le strutture dell’UNRWA. Zaanoun è tra loro. Si ferma nell’ospedale Al-Shifa di Gaza City. Da lì manda un messaggio che racchiude tutto l’orrore di quanto sta accadendo “Forse questo è il mio ultimo messaggio”.

Verranno bombardati gli ospedali, i mercati, le scuole, le moschee, i centri culturali, le ambulanze, le strade di tutta la striscia, anche quelle che portano a sud. Giorni e giorni di massicci bombardamenti da parte delle forze coloniali israeliane via via sempre più intensi con un aumentare esponenziale di morti e feriti. Ad oggi, nel momento in cui scrivo e senza contare i dispersi, si calcolano in un mese 11.000 morti tra Gaza e Cisgiordania, di cui 4500 bambini. Ognuno dei quali ha un nome e una storia.

Un massacro in mondovisione, che non trova più spazio negli obitori, né tempo per i funerali. Mancano anche i sudari per avvolgere i morti e i feriti vengono portati di corsa a braccia quando, per mancanza di carburante, non riescono ad arrivare le ambulanze e curati per terra sui pavimenti, perché i letti negli ospedali non bastano più, perché ogni secondo perso pesa come un macigno.

Non esistono più posti sicuri nella Striscia di Gaza o luoghi dove potersi rifugiare. Una trappola a cielo aperto.

E le fotografie e i video che Mohammed Zaanoun riesce a inviare, giorno dopo giorno, rivelano il vero volto del conflitto. Crudo, feroce, spietato. Zaanoun narra degli sguardi, dei gesti, delle preghiere, della concitazione, dell’umana paura e dell’inumano dolore. E poi i silenzi e il biancore della morte, le mani tese all’altro senza riposo. L’anima e la forza di un popolo indomabile.

Scene di dolore e di morte sotto i bombardamenti

[Fotografia di Mohammed Zaanoun]

Se non fosse per il coraggio dei fotoreporter e dei giornalisti di Gaza, la striscia rimarrebbe isolata dal mondo e nessuna notizia riuscirebbe a varcare il muro, perché Israele ed Egitto stanno impedendo ai giornalisti internazionali di entrare.

I reporter documentano in continuazione quanto succede mettendo estremamente in pericolo la propria vita (ad oggi si contano almeno 32 giornalisti e operatori dei media palestinesi uccisi dal 7 ottobre), ad alcuni hanno sterminato le famiglie, ucciso i loro figli, le mogli, i fratelli (come al giornalista Wael al-Dahdouh, capo dell’ufficio di Al Jazeera a Gaza e al fotoreporter Mohammed al-Aloul) eppure restano lì, sul campo, col loro  indicibile dolore nel cuore, a puntare i riflettori sulla terra di Palestina e ad aprire gli occhi al mondo.

E i potenti del mondo stanno a guardare giocando al rilancio di proclami privi di azioni e linguaggi comuni (su tutti la necessità di un cessate il fuoco).

Ma la carneficina di questi giorni non è iniziata a seguito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, come certa stampa vuole farci credere, togliendo di mezzo 75 anni di avvenimenti dolorosi che hanno prodotto oltre 35000 morti palestinesi.

Un filo lungo la storia durante il quale il popolo palestinese ha subito e subisce, da parte dello Stato israeliano, ogni tipo di sopruso. Continue violazione che infrangono le leggi dei diritti umani (anche quelle di guerra) su civili, medici, giornalisti. Violenze, angherie, uccisioni, bombardamenti, arresti senza accuse e senza processi.

Ma dal 9 ottobre Israele sta attuando un assedio totale ai danni di circa 2 milioni e mezzo di persone, quasi la metà bambini, con l’interruzione di energia elettrica e acqua, bloccando l’ingresso di aiuti umanitari, cibo, carburante, medicinali, imponendo, a tratti, il blackout totale delle connessioni telefoniche e internet. Con incessanti e continui bombardamenti dal cielo, di giorno e di notte, e l’invasione via terra.

Gaza è una voragine che sembra avere inghiottito l’umanità.

Eppure mai tanta umanità come quella racchiusa in quel fazzoletto di terra, in quella striscia di mondo annichilita e contesa. La ritroviamo negli occhi atterriti dei bambini e dei loro corpi tremanti, che si fanno coraggio l’uno con l’altro e scrivono i loro nomi su gambe e braccia per farsi riconoscere da morti, nell’ultimo abbraccio delle madri ai loro piccoli avvolti in lenzuoli bianchi, nelle mani dei medici che continuano ad operare alla luce dei cellulari senza anestetici, senza antibiotici, né antidolorifici, nelle mani ormai ferite dei soccorritori che scavano ininterrottamente e scavando trovano anche i loro figli assassinati. E nei bambini che nascono nonostante la guerra perché la vita non aspetta.

Se c’è una speranza di fermare questa follia sanguinaria, forse è proprio nelle immagini che i fotoreporter come Mohammed Zaanoun riescono ad inviarci affinché i popoli di tutto il mondo alzino la loro voce contro il genocidio di questo popolo che, poi, è il nostro popolo e che sta pagando un tributo senza precedenti. Con il loro coraggioso lavoro chiedono, “respiro dopo respiro”, aiuto al mondo. “Please help Gaza. Please help Gaza”.

Donna disperata piange con le spalle al muro

[Fotografia di Mohammed Zaanoun]

P.S. 8 novembre 2023. Mohammed Zaanoun scrive da Gaza “Siamo vivi”.