Testo e foto di Ernesto Miramondi

OBIETTIVO RAGGIUNTO!

All’accesso sul sito dedicato all’AlzheimerFest, gestito dall’omonima associazione, si può ancora leggere:

“Alzheimer Fest è una festa aperta a tutti: sani e meno sani.

È la possibilità di incontrarsi, essere se stessi, non sentirsi soli nelle difficoltà: perché l’Alzheimer e le altre forme di demenza non tolgono di mezzo la vita.

 Una festa di cose belle: musica, arte, teatro, tante attività e dolce far niente.

Si incontrano le persone, le famiglie, gli artisti. Anche gli operatori e i medici (per una volta) senza camici, pronti ad ascoltare e a mettere a disposizione competenze e conoscenze a chi ne ha bisogno.

 Tutti protagonisti:

chi porta un’esperienza, chi canta, chi vuole vedersi un film o uno spettacolo. Chi ha voglia di ballare da fermo. Chi fa attività fisica in piedi o in carrozzina. Si mangia, si beve. Si sta insieme.

 Una festa per cuori feriti e vite da rifiorire.

‘Di amore non siamo vecchi’ ”

Nulla di più vero!

Quanto descritto ha poi trovato conferma nella realtà.

Treviso, il bel parco Sant’Artemio, viali ben curati e strutture ben allestite. Un luogo Ideale per una gita fuori porta non molto lontano dalla città. Giornate di sole, tante persone sotto i tendoni, nelle palazzine, ovunque.

  

Persone su carrozzelle e non, intere famiglie con bambini e nonni. Operatori, volontari, ospiti illustri, eccellenze del mondo della ricerca, tutti insieme in dialogo con il vasto pubblico spalmato per temi su tutto il parco, in più punti di raccolta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Senza mai apparire una corte dei miracoli, solo un luogo di festa dove ogni uno poteva trovare le risposte ai propri quesiti; Risposte sui temi dell’Alzheimer, delle malattie degenerative e dell’età. Cure, e supporto ai parenti, consigli e metodi. Notizie di prima mano dal mondo della ricerca e tant’altro ancora.

Tutto questo senza mai dimenticare gli aspetti ludici della festa con tanto di spettacoli circensi, luoghi di ballo, di canto e di intrattenimento per bambini di tutte le età, anche i più attempati.

 

               

 

 

 

 

 

 

 

Presenti molti bei nomi provenienti dal mondo dei media e della cultura in generale.

Fotografi, scrittori, poeti e cantastorie a descrivere con il linguaggio della cultura, senza pregiudizio, un mondo fantasmagorico, fatto sì di conoscenza non raffazzonata ma anche colmo di umanità, poesia e storia…..

Tutto questo mentre i chioschi distribuivano allegria e fastfood. Senza poi dimenticare la straordinaria mensa, senz’altro ben gestita.

 

 

Complimenti agli organizzatori che hanno saputo tradurre nella pratica di tre giorni di festa un principio che sta sempre più affermandosi, ovvero che un malato di Alzheimer, così come per le altre forme di demenza, non è, dal momento in cui viene diagnosticata la patologia, un escluso dalla vita.

Anzi, egli è comunque parte della comunità in cui vive, con pari dignità.

Corretto è poter pensare che possa vivere il suo decorso nel modo più sereno e normale possibile.

Importante avere la percezione che la società, in mancanza d’altro, sappia favorire la cura di tutti gli aspetti psicofisici che coinvolgono il malato e i suoi cari in modo da frenare, appianare in parte, la schiacciante sensazione di inarrestabile degrado, condizione che spesso segue la malattia stessa.

Questo aiuterebbe non poco il malato e i suoi cari che si avvierebbero ad affrontare la malattia con uno spirito più sereno ma aiuterebbe anche chi non è ora coinvolto ma sa che può invecchiare senza tema di poter un giorno divenire un personaggio di risulta. Un peso per la società.   

Principi questi che valgono per tutte le forme di disabilità e di disagio mentale.

Possiamo dunque affermare che la cura inizia, prima ancora di essere medica, dal modo in cui si inizia ad affrontare il problema, l’ottica in cui ci si pone come comunità verso la malattia e il suo decorso. Dal modo di saper accogliere e rendere comunque partecipi in seno alla comunità sia i malati che i loro cari.