[di Anna Roberto]

[Iran-Protesta per Mahsa-Amini]

[Squadra-Iran mondiali di calcio 2023]
Sono passati più di 50 anni da quel 16 ottobre 1968, quando alla premiazione della finale dei 200 metri piani, nello stadio olimpico di Città del Messico viene issata la bandiera a stelle e strisce e risuonano le note di The Star-Spangled Banner, l’inno nazionale degli Stati Uniti, per la medaglia d’oro. Sul podio due afroamericani che scriveranno un capitolo di ribellione potente la cui immagine silenziosa, che nessuno è ancora riuscita a cancellare, risuona forte.

[Tommie Smith e John Carlos]
“Ho indossato il guanto nero sulla mano destra e Carlos quello sinistro dello stesso paio. Il mio pugno alzato voleva dire il potere dell’America nera. Quello di Carlos l’unità dell’America nera. Insieme abbiamo formato un arco di unità e forza” (Tommie Smith).
Un gesto oggi riconosciuto leggendario, ma in quel momento sullo stadio scende il silenzio e quel gesto viene disapprovato perché può danneggiare l’intera nazione. Tommie Smith e John Carlos vengono sospesi dalla nazionale americana, espulsi, costretti a lasciare Città del Messico in 48 ore per vilipendio alla bandiera. Al loro rientro negli Stati Uniti verranno minacciati, insultati, discriminati, costretti ai lavori più umili.
Anche l’australiano Peter Norman era su quel podio, arriva secondo e in quel momento è il più grande velocista del suo continente; la sua forma di protesta è quella di indossare lo stemma dell’Olympic Project for Human Rights; pagherà caro quel suo gesto di solidarietà e verrà costretto a non correre più.

[Vera Caslavska]
Poi riesce a partire perché è troppo famosa per non far sollevare dubbi. Tuttavia alle Olimpiadi, benché imbattibile (tre ori consecutivi), costringono la giuria ad assegnare alla ginnasta russa l’oro, prima nell’esercizio alla trave e poi nel corpo libero pari merito con la Cáslavská, nonostante fosse fosse sotto gli occhi di tutti il giusto risultato. Vera Cáslavská non ci sta e costretta a condividere il podio più alto china la testa durante l’inno russo rifiutandosi di guardare la bandiera del paese che ha soffocano la Primavera di Praga nel sangue.

[Vera Caslavska]
“Dopo aver raggiunto la cima dell’Olimpo, non sono scesa per il percorso più facile. La mia strada è stata di pietre, discese a precipizio e pozzi profondissimi. Se avessi rinnegato quel manifesto e quella speranza, la gente che credeva nella libertà avrebbe perduto fiducia e coraggio. Volevo che conservassero almeno la speranza”.
Un anno prima di quella Olimpiade del ’68, Muhammad Ali, il grande campione del pugilato si vede revocare il titolo mondiale dei pesi massimi per il suo rifiuto a combattere in Vietnam. Una battaglia tra le più simboliche della storia per la pace e i diritti degli afroamericani.

[Muhammad Ali]
Fu condannato, anche se poi in galera non ci andrà. Ma in quegli anni non potrà più salire sul ring.

[Carlos Caszely]
E’ il giocatore di football americano Colin Kaepernick il primo ad inginocchiarsi durante l’inno per opporsi alle discriminazioni razziali negli Stati Uniti. E’ il 2016 e da allora, benché il suo gesto sia diventato iconico, Colin è rimasto senza contratto fino al 2022. Nel 2017 promuovere un’azione giudiziaria nei confronti dei proprietari delle squadre della NFL con l’accusa di essersi messi d’accordo per non ingaggiarlo a causa della sua ribellione politica.

[Colin Kaepernick]

[Fernando Alvarez]
“Tra pochi giorni perderò due titoli del campionato del mondo, uno dopo l’altro. Ho deciso di non andare in Arabia Saudita. Per non giocare secondo le regole di qualcun altro, per non indossare l’abaya (un lungo abito che copre tutto il corpo delle donne), per non essere necessariamente scortata quando sono fuori, per non sentirmi una creatura di seconda categoria. (…) Questa è una presa di posizione per far valere i diritti in cui crediamo, la cosa più terribile è che sembra non interessare a nessuno”.

[Anna Muzychuk]
Si tratta di giustizia. Si tratta di diritti e di libertà.
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