[Introduzione di Ernesto Miramondi]

“Un profilo intriso di tristezza. La vecchiaia che avanza come spettro nel riverbero del passato. Mani adunche di un predatore che ancora vuol ghermire per donare al suo ego incerto l’illusione dell’esistenza di un essere ormai passato, prigioniero di una realtà che già ne annuncia il crepuscolo.  

L’aggrapparsi, come fa un naufrago, ad un ultimo atto nefasto che spegne i sogni del principe dei libertini per consegnarlo allo squallore di un vecchio libidinoso, uccidendone il simbolo, ancor prima che l’uomo.

‘Il ritorno di Casanova’, che Arthur Schnitzler, contemporaneo al pensiero di Sigmund Freud, scrisse nel 1918 racchiude nel profilo di un Casanova stanco e ormai preda dell’ineluttabile avanzare della vecchiaia, un concentrato di simbologie dove i tormenti interiori fanno eco ai mutamenti di un mondo che cambia e non gli apparterrà mai più. Unico conforto rimane l’attesa di un ritorno nella sua città natale, non tanto per nostalgia ma per la necessità di trovare una culla. Ritrovare qualcosa che, all’apparenza, abbia mantenuto la condizione di immutabilità.

Tutto questo ben si adatta al periodo in cui fu scritto il romanzo. Il 1918 segnò la fine dei grandi imperi centrali e ridimensionato di molto il ruolo dell’Austria e degli Asburgo. In soli tre anni il mondo cambiò radicalmente e non sarebbe mai più stato come prima.

L’imbarazzo di un mondo nuovo, che ripudia il passato così come avviene per il mondo libertino di Casanova che da spavaldo avventuriero del suo tempo, ora, a fronte di donne più evolute e padrone del loro futuro, non appare altro che un tragico vecchio libidinoso, da disprezzare.

La simbologia che traccia il profilo umano in un mondo che cambia, che ripudia il passato è profondamente attuale e ben si adatta alla particolare situazione in cui il mondo è coinvolto. Un mondo sull’orlo di un baratro con una catastrofe ecologica alle porte, che ha esaurito le grandi idee del passato, piegato dall’epidemia e dall’ingiustizia e con la certezza di doversi attivare per un futuro che per sopravvivere, dovrà necessariamente essere nuovo, diverso.

è stato riproposto, nel tempo, in numerose piece teatrali e perfino in una riduzione cinematografica da vari registi e attori.

Maria Elena Gori recensisce la versione della Compagnia LombardiTiezzi presentata nel corso della Rasegna Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, per la regia di Federico Tiezzi e il monologo di Sandro Lombardi. 

Tripudio di consensi per una compagnia teatrale blasonata, capace di trascinare gli spettatori in fantastici mondi di ricerca interiore.”

                                                                                                             [Foto elaborata da Ernesto Miramondi]

Al crepuscolo Casanova ritorna e cattura il pubblico del Cantiere

[Recensione di Maria Elena Gori]

Si fa sera, in un caldo giorno d’estate a Montepulciano; dalla terrazza di Palazzo Ricci, un anziano signore osserva all’orizzonte il disco incandescente del sole svanire oltre le colline e la luce calda cangiare dal dall’oro al rosa, dal viola al blu sempre più scuro della notte che si accenderà di stelle e delle luci delle case; alle sue spalle, sotto le arcate del portico che avevano assunto i colori del tramonto, due giovani e una ragazza intenti ad un brano dai toni sospesi, enigmatici; un vento fresco gioca con le vesti, i capelli e gli spartiti; odori di fieno e di eucalipto si levano nell’aria nella corte del palazzo.

Tra gli arredi, due sedie ed un tavolo dorati del ‘700, su ad un lato di esso una persona mascherata è ammantata di nero, con baùta e tricorno, come in un quadro di Longhi. Dal lato opposto un uomo incede ansimando, lento e pesante, tra le mani ha una bacinella di fumenti, tossisce si siede e borbotta: Venezia! Venusia! Marcolina! Sembra delirare nella nostalgia di quella città, della bellezza della donna, della perduta giovinezza. Grida ancora: “guarda! Le rughe nella fronte, le grinze nel collo, i solchi profondi che vanno dagli occhi alle tempie, queste mani! Sono le mani di un vecchio!” Il suo corpo, appesantito da una vita di eccessi, pare imprigionare un desiderio mai sopito, una forza virile ancora colma di vigore e una vivacità intellettuale affinata dall’esperienza. L’altro lo ascolta immobile e muto.

Il vecchio è Giacomo Casanova, cavaliere di Seingalt, desideroso di tornare in patria e far sua la donna invocata. In patria tornerà come spia. Ma in Marcolina non trova l’ardore ed il desiderio ancora vivi invece nella zia Amalia sedotta ed amata prima del matrimonio con Olivo. Ospitato nella casa dove la coppia vive con le figlie, Giacomo brama la loro nipote e respinge Amalia che si era sposata senza gioirne restando innamorata di lui. Tenta un approccio anche con la figlioletta tredicenne di Amalia, costringendola al silenzio ed alla menzogna sull’accaduto. Ma la giovane Marcolina bella, virtuosa, è la prima a rimanere immune al fascino ed alla fama del libertino: nei suoi occhi disprezzo, pena e rifiuto, ne decretano il tramonto e ribadiscono, implicitamente, l’invito a scrivere delle sue avventure invece di ostinarsi a viverle ancora.

                        [Foto di Maria Elena Gori]

Casanova sbiancato in volto, nero nell’animo più che nell’abito, non accetta il rifiuto e mentre esprime l’invidia per il rivale, suo opposto nello spazio e nel tempo, si smaschera la figura ammantata, appare un uomo atletico, vestito di seta verde, bello e sfrontato com’era lui in gioventù: l’amante di Marcolina. Sfortunato al gioco egli è costretto ad accettare la proposta che il vecchio gli offre: la somma dovuta nel debito contratto, in cambio di una notte con la giovane amata. Lo scambio avviene; mentre il militare esce di scena Casanova prende il suo posto e nel racconto, alla passionalità amorosa dell’originale schnitzleriano, sono sostituite parole volgari dette in veneto che l’attore immagina pensate dal vecchio libidinoso.

Nel sonno l’idillio si trasforma in incubo e l’uomo si sente affondare sotto il peso del proprio abito, mentre l’acqua gli impedisce il respiro e si sveglia. Ma al venir meno della complicità del buio, le luci dell’alba mostrano, negli occhi della giovane, quanto grottesco e indegno sia stato quell’atto; a Casanova non resta che accettare di lasciarla ed affrontare in duello l’amante di Mariolina Lorenzi, che muore dopo averlo sfidato.

Trasformato in monologo, il racconto di Schnitzler perde la presenza in scena della maggior parte dei personaggi; tutti sono citati da Lombardi tranne Lorenzi che prima dello scambio svela l’identità della figura misteriosa e si contrappone a Casanova come suo alter ego.

Dopo aver messo a nudo il proprio lato oscuro che ha provocato il dissidio interiore, nudi uno difronte all’altro nel duello, che ha connotazioni metaforiche e simboliche, il corpo del vecchio uccide quello del giovane; non per vendetta o rivalità, ma perché la giovinezza è morta in lui. Nella resa di Tiezzi si perde la pietas di Schnitzler e Casanova scappa dal destino che lo attende, dalla paura della vecchiaia, del decadimento e della morte. Il fatto che il racconto sia stato scritto in un anno cruciale per la storia europea, il 1918, potrebbe alludere alla crisi che vede il passaggio da un regime all’altro e la difficoltà, per gli intellettuali di accettare il rovinoso cambiamento in atto. L’assenza in scena del personaggio femminile più evocato, Marcolina, la rende quanto mai presente nell’immaginario enfatizzandone il fascino: figura moderna anche nella gestualità alla quale non attribuisce più le allusioni che eccitano il cavaliere, è colta, si intende di matematica e filosofia (un tempo appannaggio degli uomini) rifiuta le proposte di matrimonio (all’epoca combinate) ed incontra in segreto il suo innamorato; è libera di scegliere di studiare, prima di divenire moglie e madre, decidendo chi e quando amare; quasi ad anticipare l’emancipazione femminile che inizierà nel dopoguerra. Magistralmente interpretato da Sandro Lombardi e diretto da Federico Tiezzi, nella sua trasposizione per il teatro del racconto di Schnitzler “Il ritorno di Casanova”, mette in scena, un testo che consente a Lombardi (con lui dal 1972) di far emergere la sua abilità attoriale in tutte le molteplici forme.

E mentre nel paesaggio che guardava il vecchio attore è calata la notte e si sono accese le luci delle case e si intravedono le stelle, in scena si spengono i riflettori e Casanova reclina la testa, ormai senza parrucca, in un sogno di sonno con il volto di Lombardi, tra gli applausi del pubblico.